Uno dei tanti settori dell’economia che registra la polverizzazione di miliardi di euro a causa della crisi finanziaria mondiale è lo shipping, con cui si intende tutto ciò che riguarda l’attività marittima. |
Il mercato delle navi ha d’improvviso terminato quel business stratosferico che negli scorsi quattro anni non aveva avuto precedenti.
La sostanza di questo fallimento è semplice: nessuno acquista più navi. Questo si traduce concretamente nella mancata vendita di imbarcazioni ordinate (per un numero raddoppiato visto il mercato in espansione), costruite o semifinite e rimaste in cantiere, per una perdita di 600 miliardi di dollari.
C’è chi ritiene che il 75% di questa enorme cifra sia stato finanziato dalle banche con la conseguenza che queste somme non arriveranno o comunque non nell’ammontare previsto.
Tutto ciò andrà ovviamente a riflettersi sui cantieri navali: si prevede ci saranno l’annullamento del 20% degli ordini e la ricontrattazione dei termini di consegna.
Il Baltic Dry Exchange index (Bdi), cioè l’indice che sintetizza i valori dei moli per il trasporto non tanker né container, è crollato come non mai dal 2006.
Ad aver cagionato questo affondo sono stati la cadura delle linee di finanziamento e il calo delle attività dell’industria cinese che molti ritenevano potesse fermarsi alle Olimpiadi di agosto.
Ma in realtà un segnale che evidenzia la situazione è il prezzo battuto sulla tratta Asia – Europa: se prima era di 2800 dollari, oggi è 700 (per container).
La recessione non sembra avere fine.
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